Che cos’è il COVID-19?
I coronavirus (CoV) sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate. Altri coronavirus umani di originale animale (virus zoonotici) sono stati responsabili nell’ultimo ventennio di epidemie di sindromi respiratorie gravi: la SARS nel 2002/2003 (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome) e la MERS nel 2012 (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East respiratory syndrome). Sono chiamati così per le punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie.
I coronavirus sono comuni in molte specie animali (domestiche e selvatiche) ed è ormai chiaramente dimostrato che dal loro reservoir naturale che sono i pipistrelli possono attraverso passaggi in altre specie animali arrivare ad infettare l’uomo. Questi passaggi, definiti salto di specie, si sono verificati in maniera purtroppo abbastanza frequente negli ultimi anni. Le condizioni che permettono questo salto di specie sono soprattutto presenti in Cina dove esistono numerose fattorie che coltivano molte specie animali insieme, compresi i pipistrelli, che vengono allevati e macellati negli stessi luoghi con condizioni igienico-sanitarie molto scarse. In questi luoghi e condizioni si verifica il salto di specie con adattamento all’uomo; se si sviluppa facilmente la trasmissione dall’uomo c’è il rischio di epidemia, che può diventare pandemia a causa della globalizzazione. Nel 2002 si è verificata l’epidemia SARS causata dal virus SARS-CoV-1 e nel 2012 l’epidemia MERS causata dal virus MERS-CoV, entrambi appartenenti alla famiglia Coronaviridae, genere beta.
Nel dicembre 2019 A Wuhan Cina viene identificato un nuovo coronavirus umano zoonotico responsabile di gravi patologie infiammatorie polmonari riconducibili a SARS. Nella prima metà del mese di febbraio l’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.), ha assegnato al nuovo coronavirus il nome definitivo: “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2” (SARS-CoV-2). Ad indicare il nuovo nome sono stati un gruppo di esperti appositamente incaricati di studiare il nuovo ceppo di coronavirus. Secondo questo pool di scienziati il nuovo coronavirus è molto simile a quello che ha provocato la Sars del 2002 (SARSCoVs), da qui il nome scelto di SARS-CoV-2. SARS-CoV2, come SARS-CoV, è un’infezione zoonotica originata dal pipistrello.
Nella prima metà del mese di febbraio 2020 (11 febbraio) l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato che la malattia respiratoria causata dal nuovo coronavirus è stata chiamata COVID-19. La nuova sigla è la sintesi dei termini CO-rona VI-rus D-isease e dell’anno d’identificazione, 2019.
Quali sono i sintomi?
I sintomi più comuni di un’infezione da coronavirus nell’uomo includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave (ARDS), insufficienza renale, fino al decesso. I coronavirus umani comuni di solito causano malattie del tratto respiratorio superiore da lievi a moderate, come il comune raffreddore, che durano per un breve periodo di tempo. I sintomi possono includere: rinorrea (naso che cola) , cefalea (mal di testa), tosse, faringite (gola infiammata), febbre, sensazione generale di malessere.
Come altre malattie respiratorie, l’infezione da nuovo coronavirus può causare sintomi lievi come rinite (raffreddore), faringite (mal di gola), tosse e febbre, oppure sintomi più severi quali polmonite con difficoltà respiratorie anche molto gravi. Di comune riscontro è la presenza di anosmia (diminuzione/perdita dell’olfatto) e ageusia (diminuzione/perdita del gusto), che sembrano caratterizzare molti quadri clinici. In alcuni casi l’infezione può essere fatale. Le persone più suscettibili alle forme gravi sono gli anziani e quelle con malattie pre-esistenti: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) riporta, al 2 Aprile 2020 [nota: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/ReportCOVID-2019_2_aprile.pdf], che le patologie preesistenti più frequenti nei soggetti deceduti sono malattie cardiovascolari, ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2 e malattie respiratorie croniche, quali la broncopneumopatia cronica ostruttiva.
Ad oggi, la mediana relativa all’età dei soggetti sintomatici è di 62 anni, per quanto concerne i deceduti è 78 anni (scarto interquartile 73-85 anni).
La distribuzione dei casi a seconda del genere vede una percentuale del 31,4% per le femmine e del 69,6% per i maschi.
Dato che i sintomi provocati dal nuovo coronavirus sono aspecifici e simili a quelli del raffreddore comune e del virus dell’influenza, è possibile, in caso di sospetto, effettuare esami di laboratorio per confermare la diagnosi.
L’esame caratterizzato dai migliori profili di sensibilità e specificità, ad oggi, è il tampone rinofaringeo con ricerca mediante Real Time-PCR (RT-PCR) del virus. È importante ribadire che l’utilità di questo approccio è di tipo epidemiologico se indirizzato a studio di popolazione o, in ambito professionale, per valutare l’idoneità alla ripresa dell’attività lavorativa dopo il contagio. In ambito clinico, è evidentemente necessario, ai fini di una corretta diagnosi differenziale, ma si sottolinea che non è corretto attribuire un valore preventivo a questa metodica, in quanto il risultato positivo è funzione delle diverse condizioni di esposizione, magari anche immediatamente successive ad un risultato negativo su un precedente tampone. Sono proposti accertamenti mediante test sierologici rapidi ma, così come riportato nella circolare ministeriale 3 aprile 2020: “Secondo l’OMS, sebbene l’impiego di kit commerciali di diagnosi rapida virologica sia auspicabile e rappresenti un’esigenza in situazioni di emergenza come quella attuale, gli approcci diagnostici al momento tecnicamente più vantaggiosi, attendibili e disponibili rimangono quelli basati sul rilevamento del virus in secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR per amplificazione di geni virali espressi durante l’infezione da SARS-CoV-2”.
Come si trasmette il virus?
Il nuovo coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto con le goccioline del respiro (droplets) espulse dalle persone infette ad esempio tramite:
• la saliva, tossendo, starnutendo o anche solo parlando;
• contatti diretti personali;
• le mani, ad esempio toccando con le mani contaminate bocca, naso o occhi.
Il virus è caratterizzato da una elevata contagiosità. In rari casi il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale. I droplets, goccioline pesanti, normalmente riescono a percorrere uno spazio non superiore al metro, prima di cadere a terra, e questa è la ragione per cui un distanziamento di un metro è considerato sufficiente a prevenire la trasmissione. Lo studio della dimensione del droplet emesso da un soggetto quando tossisce ha dimostrato che l’intera distribuzione particellare del droplet è compresa tra 0.5 e 16 micron, con una distribuzione multimodale con picchi di 1, 2 ed 8 micron. Le particelle più piccole, dotate di poca inerzia, sedimentano con maggiore difficoltà e nello svolgimento della pratica sportiva, all’aperto o al chiuso, lo spostamento d’aria causato dall’atleta e/o il posizionamento in scia, possono facilitare la contaminazione da droplet su distanze maggiori rispetto al canonico 1-1.5 m di distanziamento sociale suggerito. In queste circostanze, più elevato è il vento apparente, e maggiore sarà il distanziamento richiesto per garantire le condizioni di sicurezza. Il virus è caratterizzato da una elevata contagiosità. Prime evidenze sono state registrate in merito alla possibilità che esso si possa diffondere anche via aerosol. In ragione di quest’ultima circostanza nel rapporto “Imprese Aperte, Lavoratori Protetti” 8 si è ritenuto riferirsi al distanziamento di circa 2 m associato a questo meccanismo secondo il CDC Centrers for Disease Control and Prevention statunitense.
Normalmente le malattie respiratorie non si tramettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche.
Come funziona la trasmissione?
Secondo i dati attualmente disponibili, le persone sintomatiche sono la causa più frequente di diffusione del virus. L’OMS considera non frequente l’infezione da nuovo coronavirus prima che si sviluppino sintomi, seppure sono numerose le osservazioni di trasmissione del contagio avvenuti nei due giorni precedenti la comparsa di sintomi. Il periodo di incubazione varia tra 2 e 12 giorni; 14 giorni rappresentano il limite massimo di precauzione. La via di trasmissione più frequente è quella respiratoria, in seconda analisi quella da superfici contaminate con il tramite delle mani e un successivo contatto con le mucose orali, nasali e con le congiuntive.
Come si cura? Esiste un vaccino?
Non esiste, nell’attuale stato di avanzamento delle conoscenze scientifiche, un trattamento specifico per la malattia causata dal nuovo coronavirus e non sono disponibili, al momento, vaccini per proteggersi dal virus. Tenendo conto dei tempi della sperimentazione preclinica su animali e primati non umani, degli studi di fase 1 e 2 sulla sicurezza per l’uomo, e degli studi di fase 3 di efficacia, non è prevedibile la disponibilità di un vaccino prima del 2021.
Il trattamento è basato sui sintomi del paziente e la terapia di supporto respiratoria può essere molto efficace. Terapie specifiche sono in fase di studio. Attualmente sono principalmente applicati protocolli che comprendono prevalentemente farmaci quali l’idrossiclorochina, antivirali, anticorpi antimonoclonali. Non sono ancora disponibili informazioni scientifiche consolidate rispetto alla loro efficacia.
Pandemia: il virus è in tutto il mondo
Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato l’epidemia di Coronavirus in Cina Emergenza internazionale di salute pubblica.
L’OMS ha elevato la minaccia per l’epidemia di coronavirus al livello mondiale a livello “molto alto” il 28 febbraio 2020.
L’11 marzo 2020 il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha definito la diffusione del Covid-19 non più una epidemia confinata ad alcune zone geografiche, ma una pandemia diffusa in tutto il pianeta.
Il 13 marzo l’OMS ha dichiarato che l’Europa sta diventando il nuovo epicentro della pandemia. Il rischio di malattia grave associata all’infezione COVID-19 per le persone in Europa (UE/SEE e Regno Unito) è attualmente considerato moderato per la popolazione generale e alto per gli anziani e le persone con malattie croniche di base. Inoltre, il rischio di malattie più lievi e il conseguente impatto sull’attività sociale e lavorativa sono considerati elevati.
Il numero di casi COVID-19 è aumentato molto rapidamente, cluster, simili a quelli in Italia, associati a COVID-19 sono attualmente in sviluppo in altri Paesi europei e il rischio di superare la capacità di risposta dei sistemi sanitari è elevato. Seppure questi dati varino a seconda della diffusione dei tamponi alla popolazione non ospedalizzata, si può stimare che i pazienti presentino una severità che richiede ospedalizzazione circa nel 25% dei casi, il 4% richiede trattamento in terapia intensiva, e la letalità si attesti intorno al 10% dei malati (Report ISS 3 aprile 2020). Restano costanti età mediana dei casi positivi, 62 anni, e la rilevanza di fattori di rischio quali il sesso maschile, la presenza di malattie croniche e il fumo di tabacco.
Come proteggersi e come proteggere gli altri
• è obbligatorio indossare la mascherina all’interno degli spazi sociali;
• bisogna lavarsi frequentemente le mani, anche attraverso gli appositi dispenser di gel disinfettanti;
• è obbligatorio mantenere la distanza interpersonale minima di 1 metro, preferibilmente 2, in caso di attività metabolica a riposo. Ad esempio per gli utenti in caso di attesa, riposo e inoltre per tutti gli operatori sportivi;
• bisogna non toccarsi mai occhi, naso e bocca con le mani;
• bisogna starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie; se non si ha a disposizione un fazzoletto, starnutire nella piega interna del gomito;
• è necessario gettare subito negli appositi contenitori i fazzolettini di carta o altri materiali usati (ben sigillati);
• è importante leggere le procedure informative affisse, nelle zone di accesso, nei luoghi comuni, nelle zone di attività sportiva, nonché negli spogliatoi e nei servizi igienici;
• è vietato lo scambio di dispositivi (smartphone, tablet, ecc.) e di attrezzi sportivi;